Roma sta cambiando. Velocemente, evidentemente, drammaticamente. Oltre 1000 soldati in giro, sgomberi di campi rom sempre preceduti da disgustosi moti popolari. Il terzo settore è bloccato, i soldi in economato saranno dirottato per acquistare armi ai vigili, ennesima inutile forza armata. La grande macchina amministrativa del comune di Roma perde pezzi, e dirigenti impreparati brancolano nei lunghi meandri del comune, disfacendo anche quel poco che di buono era stato fatto negli anni. Alemanno, sindaco che prima di tutto mostra la sua tendenza populista, fa eco ad un governo nazionale sempre più intransigente. Un governo consapevole della carenza dello stato in termini di sicurezze sociali, di welfare state, e che quindi sotituisce il suo ruolo con quello di poliziotto, coronando anni di insensata e ostinata campagna sulla sicurezza. Hanno cominciato coi Rom e gli immigrati, presto toccherà ai centri sociali e ai movimenti di lotta per la casa. Anche il grande circo mediatico dell’estate romana e della notte bianca scompare nel nulla, con le sue grandi contraddizioni che tuttavia, oltre ad aprire spazi interessanti, scuotevano un po’ questa città, che rischia di tornare ad essere un grande e addormentato museo a cielo aperto, dove chi rovista nei cassonetti sarà arrestato dalle pattuglie dell’esercito. Che fare?